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Per Aspera Ad Veritatem n.18
Il mondo non è in vendita. Agricoltori contro la globalizzazione alimentare
Intervista con J. BOVE' e F. DUFOUR

Gilles Luneau - Feltrinelli, Milano, 2000





Affrontare in questo periodo temi quali quello della globalizzazione, degli organismi geneticamente modificati, della sicurezza alimentare, significa inserirsi in un dibattito ampio e aperto, difficile e controverso, intorno a cui il panorama editoriale offre ormai una consistente mole di saggi, articoli, indagini, approfondimenti e informazioni di diversa provenienza e attendibilità. In questo trend, sempre più frequentemente la stampa informa i cittadini circa il verificarsi di eventi inquietanti e preoccupanti per la salute pubblica, riguardanti nuovi casi di encefalopatia spongiforme o altre patologie riscontrate in paesi come la Francia e la Gran Bretagna, che potrebbero essere messe in relazione ad un uso indiscriminato nei processi produttivi di sostanze chimiche che renderebbero gli alimenti, e non solo quelli, dannosi per gli organismi umani.
"Il mondo non è in vendita. Agricoltori contro la globalizzazione alimentare" costituisce senza dubbio un interessante contributo in questo vasto panorama editoriale. Merita certamente di essere letto in quanto, pur essendo stato scritto dalla parte di coloro che si oppongono al processo di globalizzazione e quindi con le caratteristiche di un testo chiaramente "schierato", ha il merito di spiegare nel dettaglio - proprio attraverso la voce di coloro che vengono considerati gli iniziatori di questo movimento di contestazione che ha trovato la prima cassa di risonanza nelle manifestazioni di Seattle - taluni punti di principio spesso di carattere "tecnico", che sono stati e sono tuttora alla base delle proteste.
Il testo affronta numerose questioni. Il punto di partenza è rappresentato dalla descrizione dell'evento che ha reso José Bové, agricoltore francese, noto al grande pubblico. Si tratta dell'azione, resa celebre dalla cronaca, avvenuta il 12 agosto 1999 a Millau (Francia) contro il cantiere di un McDonald in costruzione, individuato come "simbolo della produzione di carne agli ormoni", che è stato oggetto di un "pacifico smantellamento", secondo gli Autori, da parte dei manifestanti, al fine di protestare contro il boicottaggio da parte di multinazionali americane all'importazione di roquefort, a seguito del rifiuto europeo di importare dagli Stati Uniti carni di manzo agli ormoni. A causa di tale azione, cui parteciparono numerosi cittadini francesi, Bové venne arrestato, ed è stato recentemente condannato, insieme ad altri quattro agricoltori membri della Confédération paysanne (sindacato degli agricoltori nato nel 1987) e successivamente liberato grazie al pagamento di una cauzione raccolta con i con
tributi provenienti da sostenitori di tutto il mondo.
Il libro ripercorre i passi salienti della vicenda attraverso il racconto dello stesso Bové e del suo compagno François Dufour, segretario nazionale e portavoce della Confédération paysanne, richiamando le esperienze, anche personali, e le scelte politiche operate da questi due esponenti del mondo agricolo francese fin dagli anni '70.
La seconda parte del libro è interamente dedicata a quelli che vengono definiti "i danni del produttivismo". Bové e Dufour illustrano le ragioni della loro opposizione ad uno sfruttamento intensivo e indiscriminato del territorio agricolo, che non tiene conto, a loro avviso, delle reali e naturali capacità produttive delle risorse disponibili e che, attraverso il ricorso agli OGM e ad un uso indiscriminato di ormoni e antibiotici per le colture e il bestiame, porterebbe, da una parte, al depauperamento delle risorse e, dall'altra, alla produzione di alimenti "non salutari" per i consumatori.
Sulla base di questi presupposti viene quindi gradatamente definendosi il modello di sviluppo alternativo proposto da Bové e Dufour, e condiviso ovviamente dai loro sostenitori, che si concretizza prima di tutto nell'affermazione del concetto di "sovranità alimentare" intesa come diritto dei popoli di scegliere liberamente il proprio modello di sviluppo, di operare scelte autonome nel settore agricolo e industriale, nonché di opporsi al libero scambio, laddove questo costituisce, di fatto, un incentivo per i produttori agricoli nazionali ad orientarsi verso modelli di produzione intensivi.
La contestazione del liberismo e la conseguente critica agli accordi in discussione nell'ambito del WTO non sembra del resto provenire da un impeto nazionalistico bensì dal desiderio di affermare il valore di concetti quali quelli di territorio, tradizione, identità culturale nazionale.
Ciò che sostengono Bové e Dufour è che sarebbe un grave errore, in particolare per l'Europa, annientare le singole specificità locali in nome dell'internazionalizzazione degli scambi e della globalizzazione, che finiscono per ricondurre ogni realtà locale ad un tutto omogeneo e indifferenziato.
Viene così contestata la politica agricola europea (PAC) e auspicata la cessazione dei cd. "premi all'esportazione" in funzione di un ridimensionamento della produzione agricola e di un suo adeguamento alle reali possibilità delle risorse nazionali disponibili. Tale scelta politica traslata nell'ambito del WTO implicherebbe, ad avviso dei due agricoltori, la necessità di "subordinare il WTO ai diritti dell'uomo" concependo una nuova forma di organizzazione del commercio internazionale che consenta di adottare politiche commerciali in grado di contemperare gli interessi negli scambi internazionali con le esigenze e le realtà locali e nazionali.
Emerge così una visione di queste problematiche che, condivisibile o meno, non pare dettata da meri interessi corporativistici, investendo invece scelte politiche e sociali di ampio respiro e che presenta senza dubbio il merito di porre interrogativi che investono la qualità stessa della vita delle generazioni presenti e future. "Non ereditiamo la Terra dai nostri genitori, la prendiamo in prestito dai nostri bambini". Quest'ottica di lungo periodo non può non portare, secondo Bové e Dufour, ad una ridefinizione del rapporto degli individui, prima di tutto, con il cibo che, come afferma il giornalista che ha realizzato l'intervista, Gilles Luneau, è ciò che "inserisce l'uomo nel ciclo della vita e gli consente di entrare in comunione con il divino".
La contestazione della globalizzazione e dell'internazionalizzazione degli scambi, connotata dall'estrema diversità di provenienza e "ideologia" dei soggetti che vi aderiscono, diventa così la via, nell'idea degli Autori, per riappropriarsi di se stessi, della propria specificità, del diritto di essere informati sulla qualità del cibo, e non solo, che ci viene offerto e forse per rivalutare un'idea alta della politica che parta dai bisogni reali dell'uomo e dai suoi diritti fondamentali quali il diritto alla salute, all'alimentazione, alla protezione dell'ambiente, all'educazione, alla cultura.



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